Smartbook: marchio registrato non si tocca!L'azienda tedesca Smartbook AG ha rivendicato la paternità del termine "smartbook", intimando ad un noto blog tedesco di rimuovere tutti i riferimenti al proprio marchio entro due settimane; sembra ripetersi dunque la vicenda di Psion, che nel recente passato reclamò i diritti per il termine "netbook".


Il termine smartbook è utilizzato già da parecchi mesi da alcune aziende per definire una categoria emergente di dispositivi mobile: in particolare produttori come ARM, Freescale e Qualcomm qualificano come smartbook quei mini-computer che combinano le funzionalità dei netbook e degli smartphone, e si basano ad esempio su piattaforme ben note, come Qualcomm Snapdragon, caratterizzate dalla presenza di microprocessori a basso consumo realizzati dal chipmaker ARM.

Smartbook

Naturalmente il vocabolo in questione è stato ripreso in tutto il mondo dai blogger, dai siti e dalle testate di informazione IT, che lo utilizzano comunemente per indicare prodotti basati sulle tecnologie delle aziende sopracitate. Nel corso della giornata di ieri, Sascha Pallenberg di Netbooknews.com/.de si è visto recapitare una lettera dalla compagnia tedesca "Smartbook AG", che ha intimato al blogger di eliminare entro due settimane qualsiasi riferimento al termine "smartbook", pena una querela. "Smartbook AG" ha rivendicato infatti i diritti del marchio, presumibilmente depositato nell'anno 2001.

La questione non può che riportarci alla memoria un episodio molto simile, accaduto sul finire dello scorso anno: il produttore britannico Psion Teklogix rivendicò infatti i diritti per il marchio "netbook", depositati in precedenza per uno dei propri prodotti, e vi rinunciò solamente nel maggio del 2009, dopo aver raggiunto un accordo, evidentemente fruttuoso, con Intel. Il tempismo con il quale "Smartbook AG" è comparso alla ribalta sembra suggerire che anche il produttore tedesco abbia deciso di monetizzare in maniera adeguata i diritti del proprio marchio.

Ci si chiede tuttavia quale sia il motivo per il quale il legale dell'azienda ha deciso di accanirsi contro l'incolpevole blogger Sascha, che come tutti i reporter ha semplicemente riscritto un termine creato da vari (e ben noti) produttori e chipmaker e divulgato per mezzo dei loro comunicati stampa.

 

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