Ultrabook: fibra di vetro, SSD e CPU vecchie per ridurre i costiIntel sta cercando di ottenere una riduzione dei costi degli ultrabook, consigliando soluzioni innovative per la produzione degli chassis. L'idea è di scendere sotto i 1.000 dollari, così come inizialmente ipotizzato. Tra le novità, anche l’impiego di unità a stato solido.


Il fenomeno degli Ultrabook, sistemi compatti e versatili caratterizzati da una capacità elaborativa superiore, si sta rafforzando al punto che Intel sta cercando, in ogni modo, di scendere al di sotto dei 1.000 dollari inizialmente ipotizzati. Il problema è legato sostanzialmente ai costi di produzione e al residuo margine che resterebbe ai rivenditori. Proprio per cercare di ovviare a queste limitazioni, il chip maker californiano sta stringendo accordi con i principali produttori di chassis per ottenere degli sconti concreti, considerando il volume di unità che potranno essere prodotti.

Acer Aspire S3

Secondo alcune fonti vicine alle aziende ODM, lo chassis ultrasottile degli ultrabook obbliga all'integrazione di componenti ultraslim che hanno costi più elevati di quelli standard. Ogni ultrabook quindi porta all'ODM un guadagno medio di 5-10 dollari, inferiore del 50% rispetto alla media dei 10-20 dollari di un notebook tradizionale. Lo spessore ultrasottile richiede inoltre uno chassis unibody in magnesio-alluminio, che ha un prezzo 5-7 volte superiore a quello in plastica, mentre le cerniere utilizzate negli ultrabook sono 3-5 volte più costose delle cerniere tradizionali, riducendo in modo significativo i profitti degli ODM di ultrabook.

Attualmente Intel è indirizzata sull’utilizzo di chassis in plastica e fibra di vetro, soluzione che avrebbe diversi vantaggi sia sul fronte del prezzo ma anche della versatilità. Chiaramente strutture in magnesio e alluminio costituirebbero ancora il top per gli Ultrabook ma, allo stato attuale, la necessità principale è quella di ridurre il prezzo di commercializzazione. Mitac, uno dei principali produttori di chassis in fibra di vetro, ha spiegato che, tra l’altro, mediante la tecnologia IMR (In-Mold Roller) è possibile “stampare” letteralmente lo chassis stesso rendendo i costi di produzione fino al 50% inferiori rispetto alle tecniche tradizionali. Intel, dal canto suo, ha deciso di cooperare attivamente con i produttori. Si prevede comunque che il costo elevato di questi notebook possa diminuire nel 2012, quando le unità spedite aumenteranno.

Tra le altre novità che investono il settore degli Ultrabook vi è anche il possibile utilizzo di combinazioni tra hard disk tradizionali e unità a stato solido (SSD, Solid State Drive). L’impiego di memorie flash ha due scopi ben precisi: il primo è quello di contenere il prezzo, considerando il ribasso sperimentato dalle unità SSD, e il secondo quello di mantenere comunque un profilo particolarmente sottile, caratteristica che sicuramente è da ricercarsi in un contesto di pura mobilità.

Intanto Scott Lin e Ray Chen, presidenti di Acer Taiwan e Compal Electronics, chiedono ad Intel di ridurre il prezzo delle CPU per tagliare il costo degli ultrabook, portandoli sotto i 1000 dollari. In particolare, le aziende produttrici potrebbero decidere di adottare processori di fascia entry-level o componenti meno performanti per ridurre i costi, se l'azienda di Santa Clara non contribuirà sul prezzo delle CPU. In questo caso, naturalmente, le prestazioni del sistema potrebbero essere notevolmente ridotte.

Sezionando un notebook, infatti, la CPU ed il sistema operativo sono i componenti che determinano il costo nella più alta percentuale, seguito poi dai pannelli LCD e dai drive allo stato solido ultrasottili. Nel corso delle prossime settimane vedremo se il chip maker californiano sarà in grado di mantenere fede ai propri propositi e se vorrà aiutare i produttori nell'adozione di CPU più performanti.

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