Gli SSD Samsung 840 ed 840 Pro si posizionano nello stesso solco tracciato dai modelli della serie 830, ma rispetto a questi ultimi alzano ulteriormente l'asticella, offrendo maggiori prestazioni e consumi ancora più contenuti a costi minori.


Le unità a stato solido sono state forse una delle più grandi innovazioni degli ultimi anni in campo hardware, sicuramente quella che ha consentito di ottenere l'incremento prestazionale maggiore, eliminando quello che di fatto era uno dei colli di bottiglia più consistenti, ossia lo storage. Durante i primi anni della loro diffusione, diciamo grossomodo tra il 2008 e il 2010, si è concentrato il periodo pionieristico degli SSD, in cui ogni generazione introduceva nuove soluzioni e nuove tecnologie, le prestazioni miglioravano costantemente e i prezzi scendevano.

A questa prima fase è seguita poi una seconda, che potremmo definire invece della standardizzazione. Grazie soprattutto all'affermarsi di alcuni controller specifici, SandForce e Marvell su tutti, è stato infatti possibile per molti produttori ottenere con poco sforzo prodotti performanti. In questo secondo periodo però il calo dei costi ha subito un forte rallentamento, allo stesso modo la crescita delle prestazioni ottenibili, comunque elevatissime. In questa fase, i vari modelli dei diversi produttori si sono allineati gli uni agli altri, sia nelle performance che nei costi, con pochissime eccezioni, una delle quali, nel 2011, è stata rappresentata proprio dagli SSD Samsung Serie 830.

L'azienda coreana, infatti, in controtendenza rispetto alla maggior parte dei competitor, è stata in grado di realizzare tutto da sé, dal controller alle memorie, grazie all'immensa esperienza nel campo accumulata realizzando moduli di memoria e SoC ARM. Il risultato è stato quello di proporre sul mercato forse le soluzioni migliori in assoluto, per prezzo, prestazioni ed anche affidabilità. L'approccio scelto da Samsung ha infatti tra le altre cose consentito di abbattere drasticamente l'insorgere di eventuali problemi di compatibilità tra componenti e di correggere in maniera rapida bug o altri aspetti che avrebbero potuto minare l'affidabilità dei propri prodotti.

Fare meglio era dunque difficile ma anche necessario per mantenere la leadership, ma prima di verificare il raggiungimento dei propri obiettivi di parte di Samsung, torniamo prima sui nuovi SSD. Samsung propone solo tre tagli, sia per gli 840 che per gli 840 Pro. I primi infatti sono disponibili in versione da 120, 250 e 500 GB, i secondi da 128, 256 e 512 GB. Le differenze di capienza tra le due serie sono dovute a una diversa implementazione dell'over provisioning, termine che indica l'integrazione di una quantità maggiore di spazio rispetto a quello nominale, solitamente non visibile né disponibile all'utente finale, allo scopo di consentire al controller di disporre di uno spazio dedicato per svolgere le diverse operazioni di programmazione e cancellazione, che richiedono in entrambi i casi lo spostamento di porzioni di dati, secondo meccanismi che spiegheremo meglio nelle sezioni successive. Da notare anche che questa tecnologia è più avanzata negli 840 Pro, tanto che l'utente può configurarne via software le caratteristiche principali.

Ricordiamo anche che i Samsung serie 840 sono disponibili sia in versione standalone che con kit di montaggio e staffa-adattatore per bay da 3.5 pollici, mentre gli 840 Pro sono commercializzati esclusivamente senza kit. Tutti i modelli di entrambe le famiglie condividono inoltre lo stesso form factor (2.5 pollici ultraslim, 6.35 mm lo spessore reale), la stessa interfaccia SATA III 6 Gbps, lo stesso aspetto e le stesse soluzioni costruttive, in parte diverse e migliori rispetto a quelle della serie precedente. Samsung ad esempio ha rimpiazzato la scocca della Serie 830, realizzata in gran parte in policarbonato, con una completamente metallica, sostituendone anche il meccanismo di chiusura a gancetti, alquanto fragile e delicato, con uno più affidabile basato su viti pentalobate.

I prezzi sono pari a circa 80, 150 e 300 euro per i tre Samsung 840 e a circa 120, 200 e 400 euro per i Samsung 840 Pro. Facendo un rapido calcolo si può notare dunque come i prezzi siano ulteriormente diminuiti, attestandosi a circa 60 centesimi di euro per GB per quanto riguarda la serie 840 e 78 centesimi per GB per la serie 840 Pro, ad eccezione del modello da 128 GB che costa un po' di più ma non raggiunge comunque l'euro per GB (93 centesimi circa): un calo drastico quindi rispetto ai 2 dollari a GB riportati meno di due anni fa da DRAMeXchange come prezzo medio degli SSD.


Controller e memorie TLC - costi e consumi

Le differenze tra la serie precedente e l'attuale e tra gli stessi 840 e 840 Pro sono molte e importanti, inoltre alcuni di questi cambiamenti danno anche conto di come Samsung sia riuscita a contenere ulteriormente i prezzi e i consumi. Cercheremo quindi di procedere con ordine per fare chiarezza in questo intricato panorama tecnico. Partiamo anzitutto dall’analisi del PCB dei modelli da 500 e 512 GB (rispettivamente 840 e 840 Pro), che come possiamo vedere presentano tutti i moduli su un'unica faccia, sia gli otto NAND Flash che la RAM e il controller, mentre sulla faccia opposta si possono vedere solo le piste dei circuiti.

Il controller, vero cuore di ogni SSD, è ancora una volta di tipo tri-core, come avevamo già visto per gli 830, con un core che si occupa dei processi di scrittura, uno di quelli di lettura e uno che resta libero per gestire le varie operazioni in background. Al di là di questo aspetto però ci sono differenze sostanziali. Il controller precedente infatti apparteneva alla serie MCX, basata su un processore di tipo ARM9 con clock rate di 220 MHz, che faceva uso del set di istruzioni v5TE, una soluzione abbastanza datata, mentre i Samsung 840 e 840 Pro ne usano uno MDX con una più moderna CPU ARM Cortex R4 con set di istruzioni v7, lo stesso impiegato dai Cortex A9 e A15 e con una frequenza operativa superiore, pari a 300 MHz.

Anche il quantitativo di cache onboard è poi raddoppiato, passando dai 256 MB degli 830 ai 512 MB presenti sul PCB degli SSD 840 ed 840 Pro. Quest'ultimo modello inoltre usa delle LPDDR2-1066 invece delle DDR2-800 del modello 840, più lente dunque e anche meno parche nei consumi. L'altro componente chiave di qualsiasi unità a stato solido sono poi ovviamente i moduli NAND Flash. Qui la situazione si fa più complessa, perché Samsung ha adottato due soluzioni differenti. Le unità della serie 840 infatti fanno uso per la prima volta in questo ambito di memorie di tipo TLC (Triple Level Cell), una variante delle MLC (Multi Level Cell), rispetto alle quali sono in grado di ospitare 3 bit per ogni cella invece di 2. Gli 840 Pro invece impiegano delle MLC classiche.

Entrambi i modelli sono comunque realizzati con processo produttivo a 21 nm, mentre la vecchia serie 830 impiegava MLC a 27 nm. Prima di procedere con l'analisi tecnica è però importante soffermarci ancora su questi cambiamenti, per comprendere bene l’impatto che hanno avuto su costi e consumi. Come abbiamo visto, il prezzo medio per un SSD Samsung 840 è di appena 60 centesimi per GB, contro i 2 dollari a GB della precedente serie 830, risultato reso possibile proprio grazie all'adozione dei moduli TLC al posto di quelli MLC. I primi infatti hanno una densità maggiore, sia perché possono ospitare 3 bit per ogni cella sia perché, grazie al nuovo processo litografico, ogni chip può contenere più celle a parità di superficie occupata, due caratteristiche che contribuiscono in maniera decisiva ad abbatterne i costi di produzione e quindi anche di commercializzazione.

Questa maggior densità inoltre ha permesso a Samsung anche di contenere i consumi e l’assorbimento energetico è così diminuito di circa 3,5 volte. L'adozione delle memorie TLC per la serie 840 però non avrebbe dovuto apportare solo vantaggi ma anche alcuni problemi, soprattutto legati alle prestazioni e all'affidabilità degli stessi, a causa di una durata nel tempo molto più limitata e a latenze ben più elevate. Samsung invece è riuscita a garantire una vita media equivalente e prestazioni superiori a quelle ottenibili con la generazione precedente. Vediamo com'è stato possibile.


TLC - prestazioni

Come abbiamo appena visto, per le TLC costi e consumi sono minori rispetto alle MLC ma anche le prestazioni dovrebbero ragionevolmente esserlo: se infatti la densità di dati è molto superiore, dovrebbero aumentare anche le latenze e infatti Samsung parla di un aumento di queste ultime pari addirittura al 50% rispetto alle MLC. Inoltre ovviamente anche programmare ogni cella richiederà più tempo, anche se in questo caso non sono ancora stati rilasciati dati specifici. Infine poiché ogni cella conterrà più dati sarà consultata, riscritta e cancellata più volte rispetto a una di tipo SLC o MLC e quindi gli SSD di tipo TLC dovrebbero avere una vita media inferiore.

Samsung è stata molto avara nel rilasciare dati tecnici troppo specifici sui modi in cui ha ovviato a tali limiti, ma alcune cose sono comunque chiare. L’incremento di prestazioni ottenuto per la serie 840 rispetto alla precedente 830 è frutto di tanti piccoli ritocchi. Anzitutto infatti come visto il controller è stato migliorato dal punto di vista tecnico, è più veloce, avanzato e potente e dotato di algoritmi di prefetch migliori ed è in grado di gestire meglio un numero maggiore di dati da e verso i singoli moduli di memoria NAND, inoltre il quantitativo di cache è stato raddoppiato e, nel caso degli 840 Pro, la tipologia di RAM è anche sensibilmente più veloce, infine è stata cambiata anche l'interfaccia delle memorie, che è passata da Toggle 1.0 a Toggle 2.0, con prestazioni teoricamente triplicate, visto che la bandwidth si è ampliata dai precedenti 133 Mbps agli attuali 400. Se dunque è chiaro come abbia fatto Samsung a migliorare le prestazioni dei suoi SSD serie 840 nonostante le maggiori limitazioni imposte dai moduli TLC, resta però ancora da vedere come ha potuto porre rimedio a un ciclo di vita che dovrebbe essere estremamente ridotto rispetto ai normali SSD MLC.

TLC - affidabilità

Prima di spiegare come ha fatto Samsung a porre rimedio ai limiti di affidabilità nel tempo delle memorie TLC, bisogna anzitutto capire perché esse sono soggette a tali limiti e la spiegazione risiede nel funzionamento stesso dei chip al silicio. Ogni volta che si programma una cella si applica ad essa un voltaggio che crea un campo elettrico attraverso il quale i singoli elettroni possono migrare attraverso la barriera di ossido di silicio, tramite un processo chiamato tunneling.

L'ossido di silicio infatti agisce come un isolante che non dovrebbe, in linea teorica, consentire agli elettroni di passare in un verso o nell'altro finché non è applicato un voltaggio e la cella cambia di stato (0, 1 o una combinazione a seconda di quanti bit sono contenuti per ogni cella). Questo significa che ogni cella prima di essere riprogrammata nuovamente dovrà essere cancellata per eliminare gli elettroni trasferiti con la prima programmazione. Lo strato di ossido di silicio però è spesso appena 10 nm e tende a usurarsi ogni volta che si applica un voltaggio. L’usura comporta che durante il processo di tunneling alcuni elettroni restano intrappolati nello strato stesso, che assume così una certa carica negativa che neutralizza una parte di quella positiva che è applicata col voltaggio a ogni operazione.

In breve dunque più lo strato di silicio si usura e più è necessario applicare voltaggi elevati e per tempi più lunghi affinché il tunneling abbia luogo e i processi di programmazione e cancellazione avvengano correttamente, ma ciò non fa che velocizzare ulteriormente il processo di consunzione. Ecco perché ogni singola cella dev'essere dismessa quando il suo strato di ossido di silicio raggiunge un certo livello di usura e a questo punto è anche chiaro che una memoria di tipo TLC a otto differenti livelli di tensione (000, 001, 010, 100, 011, 101, 110 e 111)  si usura molto più velocemente di una MLC a quattro stati o di una SLC a soli due stati. Inoltre meno livelli di tensione possono essere applicati a una singola cella più c'è spazio per aumentare le tensioni prima che essa debba essere ritirata. Ad esempio, se un'ipotetica cella accetta un voltaggio compreso tra 0 e 14 V e necessita di un voltaggio compreso tra 4 e 5 V per essere programmata a 1 e tra 9 e 10 V per essere programmata a 0, restano ben 4 v disponibili con i quali giostrare man mano che sarà necessario aumentare i voltaggi.

La stessa cella invece se ospita 2 bit avrà a disposizione soltanto 2 V, che diventano 0.67 V in una cella TLC. Raggiunto un certo livello quindi non sarà più possibile erogare voltaggi abbastanza alti e la cella andrà dismessa prima, accorciando ancora di più il ciclo vitale di questo tipo di memorie. Per gestire questo problema serve dunque ancora una volta un controller adatto e il relativo firmware. Il Samsung MDX come abbiamo visto ha già un'architettura a tre core in cui uno è sempre libero per gestire il carico maggiore causato dalle memorie TLC che, per i limiti appena esposti, richiedono molte più operazioni e hanno un livello di errori molto maggiori.

Anche il firmware inoltre è stato ottimizzato, ad esempio per mantenere basso l'indice di Write Amplification (ossia il numero di spostamenti di dati necessari ogni volta per poter cancellare o programmare una cella) e applicare le consuete tecnologie di Wear Leveling e Foreground Garbage Collection che abbiamo già analizzato quando parlammo del Samsung 830.

Tuttavia queste tecnologie da sole non sarebbero sufficienti a risolvere il problema allungando il ciclo P/E (Programmazione e Cancellazione, in inglese Erase). Anche in questo caso però Samsung è riuscita a risolvere brillantemente il problema grazie all’implementazione di nuovo algoritmo DSP (Digital Signal Processing), il cui funzionamento è abbastanza semplice. Tenendo presente il discorso appena fatto riguardo all'usura dello strato di ossido di silicio e alla conseguente necessità di aumentare man mano i voltaggi erogati, bisogna pensare che un controller che non sappia adattarsi a questi cambiamenti progressivi dovrà procedere ogni volta per tentativi ed errori, applicando cioè diversi voltaggi a ogni cella per ogni singola operazione fino a trovare quello giusto. In questo modo però è evidente che si va ad aumentare ulteriormente lo stress elettrico della cella stessa, diminuendo il tempo entro il quale dovrà essere dismessa e allungando di molto quello necessario a compiere ogni operazione, con una relativa perdita in performance.

Viceversa il controller MDX, grazie alla tecnologia DSP, è capace di analizzare i cambiamenti nell'erogazione dei voltaggi e di adattarsi ad essi, abbattendo così drasticamente la quantità di prove ed errori necessari. Samsung non dichiara quanto questa tecnologia possa prolungare la durata dei propri SSD ma si è limitata a dire che le proprie soluzioni possono vantare una vita media equivalente a quella di molti SSD MLC prodotti dai competitor e sul sito riporta un valore MTBF (Mean Time Between Failures o tempo medio tra i guasti) pari a 1.5 milioni di ore, lo stesso delle serie 830 e 840 pro con moduli MLC.


Test

Esauriti gli argomenti di natura tecnica, arriviamo finalmente al banco di prova per verificare se tutto ciò si traduce poi effettivamente in prestazioni superiori o meno rispetto alla precedente generazione di SSD. Gli aspetti fondamentali da testare in un SSD riguardano le performance nelle letture e scritture sequenziali, con spostamenti di dati di grandi dimensioni, e soprattutto in quelle casuali, in cui i dati gestiti sono invece molto più piccoli. Le prime infatti si verificano più spesso in scenari professionali tipo server, mentre le ultime sono una caratteristica dei contesti consumer. Di seguito i dati ufficiali Samsung per i suoi dischi:

 
Samsung 830 500 GB
Samsung 840 500 GB
Samsung 840 Pro 512 GB
Scrittura sequenziale fino a 520 MB/s fino a 540 MB/s fino a 520 MB/s
Lettura sequenziale fino a 400 MB/s fino a 330 MB/s fino a 540 MB/s
Scrittura casuale (4 KB QD 32) fino a 36000 IOS fino a 70000 IOS fino a 90000 IOS
Lettura casuale (4 KB, QD 32) fino a 80000 IOPS fino a 98000 IOPS fino a 100000 IOPS
Scrittura casuale (4 KB QD 1) fino a 29000 IOPS fino a 31000 IOPS
Lettura casuale (4 KB QD 1) fino a 7900 IOPS fino a 9900 IOPS

Come si può vedere le differenze tra i tre non sono particolarmente accentuate se si prendono in considerazione letture e scritture sequenziali, ma diventano più marcate se invece si considerano quelle casuali, con l'840 Pro che offre le performance migliori e l'830 che chiude invece in coda, come del resto ci si aspetterebbe.

Ora vedremo se i nostri test confermeranno le stesse impressioni. Iniziamo da HDTune Pro, che abbiamo lasciato sull'impostazione di default che prevede blocchi da 64 KB. Il tool rileva la velocità di scrittura e lettura sequenziali e conferma un sostanziale allineamento per quanto riguarda le velocità di lettura, mentre in scrittura le memorie TLC ottengono punteggi minori, che confermano quindi le debolezze analizzate nei paragrafi precedenti, solo mitigate dai tanti accorgimenti tecnologici. In ogni caso parliamo sempre di velocità elevatissime e la maggior parte degli utenti consumer non sposta regolarmente grandi quantità di file enormi, per cui difficilmente si potrà notare la differenza di resa tra i tre SSD in questione.

Passando invece al bench CrystalDiskMark la situazione diventa più chiara. Questo test infatti ci permette di giudicare il comportamento dei singoli SSD in uno scenario d'uso più simile a quello quotidiano, rappresentato di solito da un traffico più o meno intenso a seconda dell'attività svolta, ma comunque per la maggior parte composto da piccole quantità di dati. Tipicamente l'utilizzo medio da parte di un utente consumer ideale consiste soprattutto in operazioni di lettura/scrittura di blocchi di 4 KB, ossia la dimensione di default dei chunk nel filesystem NTFS. I risultati ovviamente cambiano a seconda se usiamo o meno la QD32 (Query Depth = 32), ma in ogni caso, se traduciamo in IOPS i valori ottenuti per la lettura e la scrittura random, frazionandoli per la dimensione dei dati usati per il trasferimento, otteniamo con buona approssimazione i dati dichiarati da Samsung.

Ovviamente diventano più evidenti anche le differenze prestazionali tra i tre SSD. Quello che si può concludere, a parte il fatto evidente che il Samsung 840 Pro è il più performante del gruppo e l'830 il meno veloce, è che il colosso coreano, a parità di tipologia di memorie usate, NAND Flash DDR MLC sia per l'830 che per l'840 Pro, è riuscito a migliorare le prestazioni complessive, grazie a un controller più potente e con un firmware più efficiente. D'altro canto i risultati fatti registrare dal Samsung 840 e dalle memorie TLC sono davvero ottimi: nonostante i problemi discussi nei precedenti paragrafi infatti l’azienda coreana è riuscita a realizzare un SSD che al tempo stesso consuma meno, costa meno ed è molto più veloce, situazione confermata anche da PCMark 7.


Conclusioni

Con le nuove famiglie di SSD 840 e 840 Pro, Samsung ha centrato tutti gli obiettivi che si era posta. Gli 840 Pro, basati su memorie di tipo MLC come i precedenti 830, offrono prestazioni elevatissime in assoluto e migliori di quelle possibili con la generazione precedente, grazie a un miglioramento della potenza e dell'efficienza del controller, all'interfaccia Toggle 2.0 e al raddoppio della memoria RAM che svolge funzioni di cache onboard.

I Samsung 840 invece se possibile sono ancora più interessanti e notevoli nei risultati perché hanno migliorato le prestazioni rispetto alla serie precedente, riuscendo anche ad abbattere sia i consumi che i costi, nonostante gli enormi ostacoli tecnici posti dalle memorie TLC. Gli ingegneri coreani come abbiamo visto hanno svolto un ottimo lavoro e sono riusciti ad avvantaggiarsi di tutti gli aspetti positivi di questo tipo di NAND Flash, usate qui per la prima volta in un SSD, mitigandone di molto i difetti ed hanno quindi potuto offrire un prodotto davvero eccezionale, con un rapporto prezzo/prestazioni tra i migliori in assoluto sul mercato.

Sostanzialmente dunque l'unica indicazione che si può dare al consumatore è di rivolgersi alla serie 840 Pro se fa un uso intensivo del computer e svolge quotidianamente task molto impegnativi. In questo modo avrà la tranquillità dell'affidabilità, ormai elevata ed assimilabile a quella di un hard disk tradizionale, unita a prestazioni da primato, a fronte di costi alti ma comunque sempre più convenienti rispetto ai modelli di qualche anno fa. Viceversa tutti gli altri otterranno comunque un miglioramento sostanziale delle performance del proprio computer unito però anche a un risparmio sensibile e a un'autonomia migliorata, nel caso in cui si usi un notebook, rivolgendosi agli SSD Samsung 840.

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