Il secure boot di Windows 8 è oggetto di polemiche, soprattutto da parte della Free Software Foundation. La petizione "Difendete la vostra libertà per installare software liberi" ha già ottenuto 10.000 firme.


La FSF (Free Software Foundation) ha lanciato una campagna online, rivolta ai produttori di computer: lo scopo è quello di convincere le aziende ad attivare il secure boot sulle proprie macchine, ma senza limitazioni, permettendo così agli utenti di poter anche installare un OS open-source. La FSF ha timore delle pressioni di Microsoft sui produttori di PC, che potrebbero aggiungere il secure boot per ottenere il rilascio di attestati e certificazioni Windows 8, senza preoccuparsi delle restrizioni derivanti.

Fra le limitazioni, infatti, vi è l'impossibilità per l'utente finale di avviare un sistema operativo diverso da Windows sulla propria macchina. Microsoft ha assicurato che il boot dell'OS è gestito dall'interfaccia UEFI (Unified Extensible Firmware Interface; successore del BIOS) e non da una funzionalità di Windows 8, come anche riconosciuto dalla FSF. Il suo scopo è quello di garantire la sicurezza del sistema operativo, convalidando l'autenticità dei componenti e proteggendo da rootkit e bootkit.

"Il secure boot non blocca il sistema operativo. C'è una soluzione che permette al chip di convalidare l'autenticità dei componenti", precisa Microsoft. Concludendo, l'azienda di Redmond scarica la responsabilità alle aziende OEM: "hanno la possibilità di personalizzare il loro chip per soddisfare le necessità dei loro clienti adattando il livello di certificazione e la gestione del sistema sulla loro piattaforma". Oltretutto, si può ragionevolmente pensare che le società OEM saranno d'accordo nel proporre una configurazione di default che consenta di attivare o disattivare il secure boot.

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