ImageIncuriositi da OpenMoko, la prima piattaforma open source per telefoni cellulari, abbiamo deciso di approfondire l'argomento. Da quali idee è scaturito il progetto? Quali sono le caratteristiche hardware di Neo 1973, il primo smartphone supportato? Come proseguirà la roadmap?


Indice:


ImagePrendiamo spunto dalla presentazione tenuta da Mickey Lauer e Sean Moss-Pultz, in occasione della conferenza Etel 2007 (Emerging Telephony) organizzata da O'Reilly e tenutasi a San Francisco dal 27 Febbraio al 1 Marzo, per approfondire l'argomento OpenMoko, di cui ci eravamo già occupati agli inizi di Dicembre 2006.

OpenMoko è un progetto open-source che ha visto il coinvolgimento dalla compagnia taiwanese FIC (First International Computer). L'idea ispiratrice di OpenMoko è quella dell'ubiquitous computing, un termine molto in voga nell'ultimo periodo e che potremmo tradurre letteralmente in italiano con l'espressione "computazione ubiquista": non è infrequente sentire parlare manager e addetti stampa di ubiquitous computing con riferimento ai più recenti dispositivi mobili (cellulari, PDA e UMPC), dotati di connessione su rete cellulare o WiMAX.

Si tratta, però, di una interpretazione riduttiva perché l'ubiquitous computing non è la capacità di un dispositivo di connettersi in banda larga in un qualsiasi luogo, o, almeno, non è solo questo: con ubiquitous computing si intende, invece, l'integrazione delle funzioni di un eleboratore all'interno dell'ambiente o degli oggetti che ci circondano quotidianamente. Secondo questa concezione  la qualità precipua dei computer del futuro sarà l'invisibilità, da intendersi come la capacità di integrarsi nella nostra vita fino al punto da scomparire ai nostri occhi: "Le tecnologie più incisive sono quelle che scompaiono. Vengono cucite nel tessuto quotidiano finché diventano indistinguibili da esso", ha affermato Mark Weiser, che dell'ubiquitous computing è stato il padre e massimo teorico con una serie di scritti, pubblicati, a partire dal 1988, dal Computer Science Lab presso lo Xerox PARC (Palo Alto Research Center).

A distanza di circa 20 anni, l'intuizione di Mark Weiser ha lasciato traccia in molti ambiti, come ad es. la domotica o lo stesso mobile computing di cui ci occupiamo, ma non è stata ancora interamente realizzata: non tutti possiedono un computer anche se quasi tutti possiedono un telefono cellulare che, però, del computer non ha ancora tutte le caratteristiche. ImageQuello che manca oggi, anche ai più evoluti smartphones, è la flessibilità, la capacità di adattarsi alle esigenze degli utenti, e la causa va ricercata soprattutto nel fatto che vengono adottate piattaforme proprietarie chiuse. Da questa riflessione prende spunto il progetto OpenMoko, la prima piattaforma open-source esclusivamente dedicata ai telefoni cellulari, in cui gli sviluppatori abbiano la possibilità di esercitare un pieno controllo sull'hardware.

Si suppone che la piattaforma OpenMoko sia capace di girare su qualsiasi telefono cellulare Linux-capable, ma il primo dispositivo completamente supportato è il "Neo 1973", realizzato dalla stessa FIC.  Neo 1973 sottolinea, fin dal nome, la rottura con il recente passato della telefonia mobile: nel 1973 il dr. Marty Cooper realizzò il primo telefono cellulare, OpenMoko e FIC sono convinti che il "Neo 1973" aprirà una nuova era nel mondo delle telecomunicazioni.

Alla luce di queste considerazioni, ci sembra quanto mai azzeccato lo slogan scelto da OpenMoko: "Free the phone".

 

  Pagina successiva: Roadmap 2007 >>
 Parte 1. Introduzione  
 Parte 2. Roadmap 2007
 
 Parte 3. Hardware e Software
 
Google News
Le notizie e le recensioni di Notebook Italia sono anche su Google News. Seguici cliccando sulla stellina

Commenti